Cervaro attraversò poi i secoli oscuri delle invasioni barbariche e dello spopolamento, per rinascere come agguerrito centro fortificato, a controllo, insieme al vicino castello di Torrocolo, della pianura di Cassino.
La sua privilegiata posizione strategica spiega, per il medioevo, l’attenzione che i potenti gli riservarono, a cui corrispose, tuttavia, un fiero spirito di indipendenza dei suoi abitanti, che più voltesi ribellarono contro una vessatoria oppressione fiscale e per conquistare una reale autonomia. Malgrado le distruzioni e le calamità, che nel tempo l’hanno più volte duramente colpita, Cervaro ci ha fatto giungere la voce di una popolazione laboriosa, attaccata ai suoi luoghi di culto (le chiese e il celebre santuario), nei quali i pregievoli affreschi, che ancor oggi ammiriamo, erano l’espressione di un’intensa devozione e di un’originale creatività.
Cervaro, secondo una tradizione popolare, porta questo nome perché, sul “pesculum” località corrispondente all’attuale Castello, viveva un branco di cervi, che nell’altura del “pesculum” soleva passare la maggior parte del tempo.Il territorio cervarese si estende per una superficie di quasi 40 chilometri quadrati. Sul territorio, per un terzo pianeggiante, un terzo collinare ed un terzo montuoso, si innalzano i monti Rachis, Aquiloni, Porchio, Chiaia e Trocchio.
Numerosi corsi d’acqua solcano il territorio di Cervaro e quasi tutti i ruscelli che hanno loro origine dalle alture di Cervaro, sfociano nel Gari e nel Rapido.Esso confina con i comuni di Cassino, San Vittore del Lazio, Viticuso, Vallerotonda e Sant ‘Elia Fiumerapido.
Grazie alla natura del territorio, a Cervaro, si possono trovare rigogliosi vigneti ed estasi uliveti.La monocoltura con successo soprattutto sulle colline e sulle pendici assolate del Monte Aquilone.Grazie alla felice esposizione a mezzogiorno degli uliveti, alla scelta delle piante d’olivo e alla frequenza tra esse, di olivastri e olivastrelli, indispensabili per una feconda impollinazione, al tempo della fioritura, l’olio cervarese è di eccellente qualità. L’olio cervarese è il prodotto del quale andare più fieri e non ha niente da invidiare all’olio d.o.c. prodotto in altre località.
L’Arte Orafa di Cervaro
La tecnica, in unione alla sapienza secolare dell’artigiano orafo dà vita e splendore al nudo metallo ottenendo da esso forme ed effetti in grado di valorizzare coralli, gemme e quant’altro l’immaginario collettivo del genere umano riesca ad esprimere.
L’arte orafa ha radici molto antiche, ed i reperti, ritrovati in vario modo, ne danno ampia testimonianza. L’uomo iniziò a estrarre l’oro più di 5000 anni fa, nelle regioni in cui sorsero le prime civiltà , cioè in Mesopotamia e nel Mediterraneo orientale.
L’artigiano orafo utilizza, ancora oggi, strumenti usati in epoche passate. Ha perfezionato quelli già in uso per adattarli alle proprie esigenze e ne ha inventati altri che gli permettono di produrre al meglio i propri oggetti. Nuovi strumenti, nuove tecniche, nuove macchine, ma lo strumento principale dell’arte orafa sono le mani. Con le mani l’artigiano imprime nell’oggetto la sua creatività e il suo ingegno.
L’artigianato, un tempo fiorente, oggi è diventato un’attività secondaria, che non incide in particolare sul bilancio famiiare e sull’economia dell’intera città. Lungo le vie interne del vecchio centro urbano c’erano decine di botteghe artigianali: fabbri, falegnami, orologiai, calzolai e orafi. Un battere continuo martelli e un tintinnio di metalli che rendevano viva e allegra l’atmosfera del paese. Particolarmente abili e rinomati erano i fabbri e gli orafi di Cervaro, di cui resta una solida tradizione. I palazzi, le case e i balconi sono impreziositi da artistiche modanature, cancelli, balaustre e lanterne in ferro battuto.
Gli orafi di Cervaro producevano monili di ogni genere, dagli anelli alle collane, dalle spille agli orecchini, dai bracciali alle catene.
Una particolarità dei manufatti degli orafi cervaresi erano gli oggetti capaci di allontanare i malefici. Intorno all’attività orafa lavoravano essenzialmente due figure, una artigiana e l’altra commerciale: il “principale” e il “mercante”.
Il principale era il mastro di bottega, produttore di manufatti d’oro; il mercante figurava da mediatore tra gli acquirenti e i produttori. Presso le famiglie cervaresi si trovano ancora molti manufatti degli orafi locali tanto che è stato progettato un museo civico, per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale dell’arte orafa di Cervaro, che tanta importanza ha avuto nel passato, fino ai primi anni del ‘900, quando nel paese erano attivi circa trenta esercenti.
Il vino delle campagne cervaresi
Altra “nobile” tradizione di Cervaro è il suo pregiato vino, apprezzato da tempi immemorabili, per forza e sostanziosità. In un paesaggio che affascina per la sua dolcezza ed attrae per la bontà del clima, la coltura e lo sfruttamento della vite ha radici antiche. Dovunque il terreno lo permetteva, la volontà tenace dei cervaresi ha piantato splendidi vigneti che producono, anche oggi, abbondante uva da vino dall’alta gradazione che, secondo un vecchio detto popolare” t(i) leva ogni malann da cap (o) a pi(e)d gl’ann (ti preserva dai malanni per tutto l’anno).
Si vanno sviluppando iniziative da parte di alcuni produttori, fortemente impegnati nella salvaguardia delle “caratteristiche” del nostro vino, per il riconoscimento del marchio DOC. Una scelta quasi obbligata per un vino, riconosciuto dagli intenditori, come davvero “speciale”, che esprime un gusto vigoroso e pieno, permeato di sapori inconfondibili, con un senso di immediato gradimento e godimento, tanto che, per dirla come una colorita espressione locale “t(e) n(e) bviss cint” (avresti voglia di berne cento bicchieri). Questo carattere di tipicità deriva da una terra generosa, baciata dal sole ed anche dal grande amore e rispetto per una cultura e sapienza produttiva, memore di secolari esperienze.
In questo intelligente sforzo si inquadra la recente apertura al pubblico dell’ Azienda agrituristica “Monte Chiaia”. Placidamente adagiata nella quieta ed assolata campagna cervarese, l’articolato complesso dell’ Azienda si lascia appena intravederè dalla strada provinciale che unisce Cervaro a San Vittore del Lazio, protetto, com’ è, dalla ricca vegetazione. La collocazione è tra le più preziose e fascinose che il paesaggio di Cervaro possa offrire: tutt’intorno alla costruzione si apre, infatti, a ventaglio, lo scenario agreste dei rigogliosi vigneti ed uliveti, dei prati verdi e dei campi fioriti, creando un effetto di pittoresca continuità per tutto l’orizzonte, chiuso, alle spalle dell’edificio, dalle quinte boscose del monte Chiaia, che formano un enorme, rigoglioso parco, costellato di scorci suggestivi.
Il visitatore che accede all’Azienda, si trova immediatamente immerso in un’ atmosfera distensiva e piacevole, in un ambiente che restituisce la libertà dimenticata di “perdersi”nella pace arcadica di boschi pieni di silenzio, dove può “scoprire” il fascino intatto di un vecchio casolare o provare l’ ebbrezza di una passeggiata in calesse fino a “Montenero”, un luogo che racconta fiabe e leggende senza tempo. E scoprire, soprattutto, una cucina casaeccia e casalinga, dove si creano pietanze gustose anche da umili e comuni prodotti. Lasciarsi sedurre da tenere carni, profumati salumi, piccanti formaggi speziati, dolci saporosi… Su tutto l’oro bianco e rosso dei vini cervaresi, forti e sostanziosi e, naturalmente, 1’0lio di altissima qualità, vanto della generosa terra cervarese. Insomma cose buone e genuine, dai forti sapori, da portare via gelosamente, sorretti dalla certezza di tornare ancora a godere di questa raffinata ospitalità.
Olio: il frutto antico di una terra generosa
Al visitatore che giunge a Cervaro si apre il grandioso scenario degli uliveti, che si distendono, come un’ininterrotta selva, sulle pendici assolate del Monte Aquilone. In questo maestoso anfiteatro, esposto al sole ” in ogni minuto della giornata e da capo a piedi dell’ anno”, la monocoltura dell’ olivo si era sviluppata da tempo immemorabile e nell’ antichità produceva un olio pregiato e ricercatissimo, ottenuto da una specie di ulivo detta “liciniana”.
Per questo tipo di ulivo, che richiedeva un clima freddo, era considerato quanto mai adatto il suolo ghiaioso (Catone, De Agricultura; Varrone, De re rustica; Plinio, Storia naturale). Ora, il fatto che ci stupisce e nello stesso tempo ci affascina, è che gli stupendi uliveti, piantati dai nostri progenitori “fino all’ultimo limite delle creste montane”, ci riportano proprio a questa tradizionale ed antichissima coltura, attestando un’ indisturbata continuità millenaria.
Infatti, ancora oggi, la varietà “Leccino” si identifica, assieme al pregiato “Moraiolo”, come la “cultivar” princinpale dei terreni ghiaiosi dell’ Aquilone, caratterizzando, come ab antiquo, la produzione di un olio extravergine d’oliva d’eccellente qualità, con standard qualitativi superiori a quelli imposti dalla Comunità Europea per il raggiungi mento di un marchio di qualità.
Proprio per tutelare e valorizzare questa tradizionale ricchezza della nostra comunità, i coltivatori cervaresi hanno definito rigorose regole di produzione, delineando decisamente la scelta strategica di puntare ad un prodotto di alta qualità, per il quale ottenere, in tempi ravvicinati, il prestigioso marchio DOP, Denominazione di origine protetta, ovvero il marchio IGP, Indicazione geografica protetta.
Ciò allo scopo di rendere “riconoscibile” ai consumatori il nostro olio extravergine, che per genuinità, bontà, leggerezza, non ha nulla da invidiare ai tantocelebrati oli toscani o liguri. I nostri antenati definivano “santo” l’olio dell’ Aquilone e ne vantavano le eccezionali proprietà terapeutiche. La scienza medica più aggiornata ha confermato che uno dei più efficaci mezzi di prevenzione e terapia per molte patologie, particolarmente del cuore, è proprio l’uso alimentare dell’olio d’oliva “che è il più digeribile, rallenta l’invecchiamento cellulare, previene la formazione di calcoli biliari, favorisce lo sviluppo cerebrale, è il supporto ideale del gruppo di vitamine liposolubili”.
E’ quindi evidente l’importanza di tutelare e, soprattutto di valorizzare un bene, come il nostro olio, ricco di rnillenaria sapienza produttiva che, siamo convinti, potrà costituire, nuovamente, il volano dell’economia locale, perchè siamo di fronte ad un patrimonio enorme, anche se estremamente parcellizzato.
Una frammentarietà e polverizzazione che è necessario superare da parte delle nostre aziende, tenuto conto che esse, nella dimensione attuale, non sono considerate dalla Comunità Europea, per cui restano fuori dai supporti finanziari erogati per uno sviluppo adeguato alle esigenze del mercato. Proprio per cogliere tali opportunità, sono già nate iniziative di fusione di aziende e di gestione degli uliveti con nuovi processi di trasformazione, che hanno dato eccellenti risultati sulla qualità dell’olio, tanto da richiamare l’attenzione e l’apprezzamento dei consumatori.
L’Amministrazione comunale ha già dato la sua piena disponibilità ad operare fattivamente per stimolare l’attivazione più diffusa di sinergie tra tutti gli operatori cointeressati e, nell’ ambito di una fondamentale strategia di promozione/valorizzazione della qualità/specificità del nostro prodotto, ha aderito alla “Associazione nazionale Città dell’Olio extravergine d’oliva”, avente, appunto, come scopo, tali specifiche finalità.